Stato della Chiesa, XV secolo. Vessilli recanti le “branche verdi” degli Ordelaffi di Forlì sventolavano nella brezza fresca che soffiava tra le colline di Romagna. Coperti di maglia d’acciaio scintillante i soldati della Signoria di Forlì si stavano spostando sul confine di Ravenna a nord, per scrutare all’orizzonte lo stabilirsi dei loro nuovi vicini, sempre più ricchi, sempre più potenti: i veneziani della Repubblica. La casata dei Da Polenta, che aveva dato i natali alla bella Francesca di dantesca memoria, non era più. Gli ultimi discendenti esiliati oltre le acque ad Est per volere dei veneziani. All’orizzonte il leone di San Marco faceva udire il suo profondo respiro.

I cavalieri degli Ordelaffi, con le loro corazze d’acciaio adornate in stoffe verdi e gialle, portarono i loro destrieri in mezzo a filari di uve gialle e verdi con l’aroma di moscato che pervadeva l’aria. Da queste uve, qualche mese più tardi, avrebbero bevuto un vino che nei secoli successivi sarebbe divenuto Famoso. Oggi, quest’uva, nonostante alcune prove di coltivazione in pianura, ha riconquistato le zone più scoscese delle campagne romagnole e conta oltre 200 ettari di vigna.

Lo stemma degli Ordelaffi e della Repubblica di Venezia in una foto di Sandro Saggioro

Nel tardo medioevo compaiono le prime tracce di un vitigno conosciuto come Rambella, stando a recenti ricerche un diretto erede di sangue della Termarina Nera di cui abbiamo già discusso in un altro articolo. Nei testi più antichi ci si riferisce alla Rambella come un’uva utilizzata “fresca” da fine pasto, spesso anche appassita, poichè pulisce e lascia in bocca una aromaticità fruttata.

Quando vinificata viene spesso utilizzata per tagliare vini più anonimi come l’Albana, come da tradizione, ma mantiene una sua identità anche come vino fermo o spumante monovitigno. Anche se rimane un vino fresco e no intenso quanto il moscato, ha riconquistato corpo e identità da quando è stato riportato in collina, anche se la vera domanda che si pone è perché mai l’hanno portato via da li per coltivarlo in pianura… La Rambella ha accompagnato le tavole romagnole per secoli per essere poi come in tanti altri casi, sepolto da varietà più ampiamente commercializzate. In bocca, il vino che se ne ricava ha sentori che ricordano il biancospino, i fiori di tiglio, note agrumate e di salvia, caratteristiche che lo rendono un magnifico accompagnamento con tortelloni e paste ripiene.

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