Origini e Diffusione
La Sgavetta è un vitigno autoctono tipicamente coltivato nelle province di Modena e Reggio Emilia. Le sue origini rimangono incerte, ma la sua diffusione in queste zone sembra essere relativamente recente.
Studi molecolari hanno confermato per la Sgavetta un profilo genetico unico, privo di parentele accertate con altri vitigni locali (Meglioraldi et al., 2013).
- Sinonimi accertati: Sganetta
- Sinonimie errate:
- Denominazioni dialettali locali:
- Rischio di erosione: Medio
Superficie Coltivata e Declino
Secondo i dati del V Censimento dell’Agricoltura (2000), la Sgavetta era coltivata in Emilia-Romagna su circa 17 ettari, di cui 10 ettari in provincia di Reggio Emilia.
Nel 2009, risultavano 11 ettari, ma il Censimento del 2010 registrava un ulteriore calo a 6,41 ettari superstiti. Tuttavia, alla fine del 2021, grazie a un rinnovato interesse per questa varietà , la superficie coltivata è salita a 13,39 ettari (dati RER).
Storia della Sgavetta
Prima Citazione Storica
La prima citazione nota della Sgavetta risale al 1752, nel Baccanale di Giovanni Battista Vicini. Le note al componimento, attribuite a Niccolò Caula, riportano una descrizione critica:
“Sgavetta non è buona per vino: ha grappolo più tosto grande che picciolo; non ha bel colore nero, le grana sono lunghette, e chiare, e molti grappoli sono quasi senza grane” (Vicini, 1752).
Questa descrizione non corrisponde alla Sgavetta moderna, che si distingue per la colorazione scura, gli acini tondeggianti e l’elevata qualità vinicola.
Confusione con Altri Vitigni
Nel XIX secolo, il vitigno viene talvolta confuso con altre varietĂ :
- Malavasi (1879) la classifica erroneamente tra le uve bianche.
- Roncaglia (1850) la cita tra le uve colorate comuni degli Stati Estensi (Modena, Reggio, Garfagnana, Lunigiana, Massa Carrara).
- Rovasenda (1877) la descrive come “Sgavetta o Sganetta, Uva fina di Sassuolo”.
Nel 1887, Ramazzini nel suo libro “Uve principali della pianura modenese” definisce la Sgavetta molto produttiva, ma poco conosciuta.
Nei primi decenni del Novecento, Ghetti (1926) la inserisce tra i vitigni meno coltivati, ma di buona qualitĂ . Toni (1927) la considera tra i vitigni migliori del piano reggiano e modenese, sebbene a diffusione limitata.
Declino e Riscoperta
Negli anni ’60, una scheda di Cosmo e Sardi cita un documento del 1935 della Cattedra Ambulante di Agricoltura, che elogia la Sgavetta per:
- Alta produttivitĂ
- Resistenza alle malattie
- Elevato contenuto zuccherino
- Ottima conservabilitĂ
Negli anni ’70-’80, il boom del Lambrusco Bianco portò la Sgavetta in secondo piano. Tuttavia, grazie a nuovi studi e alla ricerca sulla biodiversitĂ viticola, negli ultimi anni si assiste a un suo ritorno d’interesse.
Caratteristiche del Vitigno
Foglia
- Piccola, cuneiforme, pentalobata
- Lembo ondulato, lobi leggermente ripiegati verso il basso
- Seno peziolare a parentesi graffa (raramente a U), aperto
- Pagina inferiore vellutata, con peli coricati a media densitĂ e peli eretti sulle nervature
Grappolo
- Di media grandezza, allungato e conico
- Generalmente spargolo, spesso alato
- Acino sferoidale, di colore blu-nero, con buccia spessa e pruinosa
Caratteristiche Agronomiche ed Enologiche
- Germoglia: Prima decade di aprile
- Fioritura: Entro metĂ giugno
- Invaiatura: Prima decade di agosto
- Maturazione: Ultima decade di settembre
Vitigno vigoroso e produttivo, con buona tolleranza alle crittogame. Il vino ottenuto presenta:
- Colore violaceo intenso
- Aroma fine e vinoso
- Note leggermente tanniche e acidule
- Ideale per vini giovani e frizzanti, sia secchi, amabili che dolci
- Ottimo come uva da taglio per conferire colore e struttura ad altri vini