Quando nel 1900 Gaetano Chierici, da poco eletto sindaco nelle liste del recentissimo partito socialista, tornava esausto nella sua casa a Reggio Emilia, probabilmente si lasciava sprofondare nel cuscino della sua morbida poltrona, osservando le tele appese alle mura di casa, ripercorrendo con il pensiero il suo lungo passato di pittore. Bevendo un bicchiere d’acqua d’orcio, forse contemplava l’evoluzione del suo stile soffermandosi sui soggetti realisti e ipercinetici del suo ultimo periodo di genere. Qui, tra ragazzini gambe all’aria e divertenti istanti di vita rurale immortalati su tela, spiccava la livrea di colore selvatico dorato frumento della Gallina Modenese.
Questi quadri permisero decenni dopo agli allevatori custodi di Modena e delle provincie limitrofe di avere un punto comune di riferimento per identificare la razza per eccellenza del pollo dell’Emilia. Sono le stesse tele che sfataneranno alcuni decenni dopo la tesi secondo la quale la Gallina Modenese è in realtà un nuovo incrocio di razze Padovana e Livorno Bianca e Dorata.
Come tutte le razze autoctone del Mediterraneo di quel periodo, anche la Modenese è una gallina dalle origini indiane, con i suoi orecchioni bianchi e le uova ancor più bianche. Quel tronco evoutivo di origini Romane e Fenicie da cui derivano tutte le razze autoctone del mediterraneo.
Con l’arrivo della grande rivoluzione di stampo atlantista del dopoguerra, le razze autoctone (non solo avicole) cominciarono a scomparire.La Gallina Modenese si estinse quasi completamente. Quasi. In un cortile di Nonantola, in provincia di Modena, la Modenese era viva e vegeta. E godeva di ottima compagnia.
Forse la nonna di Giuliano Serafini, non aveva mai visto i quadri di Chierici. Si occupava di economia domestica, di far quadrare i conti, e di custodire il pollaio di famiglia. Forse involontariamente, però, salvò l’intera razza dall’oblio.
Quel che sapeva questa donna è che quelle erano le galline della sua terra e che era importante custodirle. Da questo piccolo nucleo iniziale, anno dopo anno, si è venuto ad espandere l’interesse per questa razza dalla caratteristiche d’altri tempi. Un interesse che rimane vivo per la tenacia di pochi allevatori, nonostante diverse timide prove di recupero da parte di associazioni e istituzioni che evidentemente non ci hanno mai creduto davvero, o che forse hanno più interesse nel fare servizi fotografici quando il momento è propizio che non nel garantire a queste razze una vita sostenibile.
Animali, come detto, molto rustici, molto energici. Se non hai polso e non sai gestirle te le ritrovi sul tetto e sugli alberi, parola di chi scrive e che le ha conosciute in prima persona. Razzolano come indiavolate. Di carattere indipendente, frugali, non hanno bisogno di particolari mangimi o integrazioni. Se le tratti bene vivono almeno dieci anni. Giuliano porta la testimonianza di una gallina che ne arrivò a compiere ventidue.
Le uova di Modenese sono piccole, dal guscio bianco, tutte tuorlo. La loro carne è tenace e dal grasso giallo, con una pelle sottilissima che rende i galletti uno spettacolo per il palato. E non mi pronuncerò sul cappone.
La ricetta Cornucopia per la Gallina Modenese è un omaggio alla campagna reggiana del XIX secolo, che ha ispirato il grande artista Chierici. Penso sia appropriato parlare di un piatto poco conosciuto della tavola agricola di Reggio Emilia, un piatto poco conosciuto ma ancora vivo e vero, come la Gallina Modenese: al ris cun la tevdura.
Al Ris Cun La Tevdura e i Ov Ed Mudnesa
- riso, 250 g
- brodo, 1 lt
- 🥚 uova di Gallina Modenese, 3
- 🧀 Grana Reggiano… (Calma calma, in quei tempi si chiamava proprio così! ), 3 cucchiai
- Pepe, un pizzico
- Sale
Cuocere il riso nel brodo. Sbattere l’uovo con il formaggio Grana Reggiano grattuggiato e il pepe, e poi aggiungerlo rapidamente al riso cotto, in modo che diventi un brodo denso e profumatissimo. Non avete idea della delizia di questo piatto…
- Scheda Cornucopia della Gallina Modenese
- Scheda del Ris Con La Tavdura