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Uva Lambrusco del Pellegrino

Cultivar: Graspo Giallo, Graspo Rosso (Giornale Vinicolo Italiano, n. 26, 1925)

Il nome Lambrusco di Fiorano lascia trasparire l’areale storico di coltivazione: il Fioranese e la pedecollina modenese. Recenti lavori hanno riscontrato che è figlio di Coccalona nera, un’accessione inizialmente senza nome recuperata nel Piemonte sud-orientale ed identificata grazie alle descrizioni storiche, che si è rivelata una varietà chiave nell’origine dei vitigni tradizionali dell’Italia di nord-ovest. Attraverso il confronto dei marcatori molecolari SSR (tabella profili genetici), si è scoperto che questa varietà era identica all’Orsolina della provincia di Reggio Emilia (Bignami et al., 2015) e anche alla Rohrtraube blaurot, un’antica varietà della Germania sud-occidentale (Raimondi et al., 2020). Ne segue, quindi, che il Lambrusco di Fiorano potrebbe essere nato in Emilia per incrocio spontaneo tra Orsolina (= Coccalona nera) e un altro genitore ancora da individuare.

  • Sinonimi accertati: Lambrusco di Fiorano, Lambruscone, Lambrusco oliva grosso
  • Sinonimie errate: Brugnola, Prugnola.
  • Denominazioni dialettali locali: Lambruscaun (Modena)
  • Rischio di erosione: molto elevato

A partire dal 2000, non essendo iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite e quindi non potendo essere impiegato nei piani di ristrutturazione dei vigneti, il Lambrusco di Fiorano ha iniziato una rapida decrescita che lo ha portato quasi alla scomparsa. Prove di attitudine alla coltivazione hanno permesso la sua iscrizione al Registro Nazionale (DM 08/06/2016) col nome di Lambrusco del Pellegrino e l’inserimento nell’elenco delle varietà idonee alla coltivazione in Emilia-Romagna (Det. 16713 del 24/10/2016). A fine 2021 risultano solo 7000 m2 circa di vigneto coltivato con questa varietà,
ma sono presenti ancora piante sparse in vecchi impianti, antecedenti la classificazione del vitigno.

A metà Settecento, nel baccanale del Vicini “I vini modanesi”, viene citato “Il Lambruscone ardito, non delicato sposo, ma forte, e saporoso. E non son, non son pinconi que’ che già non si disgustano, quando gustano il brunaccio Lambruscone, che può dirsi un vino eterno, non temendo estate, o verno” (Vicini,
1752). Il componimento poetico è accompagnato dalle annotazioni del Caula, che descrive il vitigno con tratti che si attagliano perfettamente al Lambrusco di Fiorano giunto sino a noi, ad eccezione dell’acino rotondo, poiché in realtà si tratterebbe di un acino leggermente allungato, un ellissoide largo, che forse potrebbe aver tratto in inganno il nostro Autore, tanto più che nell’Ottocento il Gallesio attribuisce
al Lambruscone un acino tondo-ovale (Baldini, 1995). Successivamente il Maini, riprendendo il Caula, ritorna sul Lambruscone e ripropone l’acino rotondeggiante (Maini, 1851). Probabilmente le varie citazioni si riferiscono ad una medesima varietà, ma resta il dubbio che potesse trattarsi del Lambrusco oliva, con cui è stato spesso confuso il Lambrusco di Fiorano per la caratteristica forma ad oliva degli acini che li accomuna, se non che il Lambrusco di Fiorano ha acini più grossi. Il vero Lambrusco di Fiorano, però, dovrebbe essere, con ragionevole certezza, quello descritto dall’Aggazzotti nel suo “Catalogo”: “Lambruscone o Lambrusco oliva grosso, …acini grossi, ovoidei, polverosi: tanto radi da non toccarsi gli uni con gli altri”, con cui “fatta la fermentazione vinosa in tino con buccia e graspe ad uso comune modenese, ottiensi vino di corpo, sapido” (Aggazzotti, 1867). La rivista “L’Italie Économique” del 1867
pubblica una panoramica delle industrie italiane presenti all’Esposizione Universale di Parigi e, nella sezione dedicata ai numerosi e variegati vini italiani, cita anche quelli del Modenese, in particolare “le Lambrusco, le Fiorano, le Scandiano”: questa citazione attesta la qualità dei vini di Fiorano, cittadina che ha dato il nome al vitigno omonimo poiché era tipicamente coltivato in quell’areale. Due i Lambruschi oliva ricordati dal Conte di Rovasenda (1877): Lambrusca di Sorbara oliva e Lambruscone oliva grosso. Marzotto (1925) dà come sinonimo di Lambruscone anche “Prugnola” e “Lambrusco oliva grosso”, da non confondere con il Lambrusco oliva propriamente detto.
A inizio Novecento Toni (1927), tra le varietà delle province di Modena e Reggio Emilia, annovera anche il Lambrusco di Fiorano o Brugnola e il Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa di Modena (1928) la classifica come uva di qualità intermedia adatta per i tagli e dal buon carico di colore. Nel Secondo dopoguerra, i tecnici dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura di Modena, tratteggiando un quadro della viticoltura modenese, riferiscono che negli anni precedenti ci si era dovuti rivolgere a vitigni di altre aree (Barbera, Merlot, Sangiovese, Albana, Trebbiani, ecc.), per indisponibilità di materiale vivaistico locale, ma era bene tenere presenti alcuni vitigni tipicamente modenesi “nelle diverse zone e ciò per raggiungere un miglioramento ed una maggiore uniformità di tipi”.
Tra questi vitigni viene citato anche il Lambrusco di Fiorano o Brugnola: “Diffuso nei comuni di Fiorano, Sassuolo, Formigine, Maranello, Castelnuovo R., e Nonantola (AA.VV., 1952). A poco servirono questi consigli e la successiva descrizione di Cosmo e collaboratori, che distinsero un Lambrusco di Fiorano a raspo verde e uno a raspo rosso (Cosmo e Polsinelli, 1958; Cosmo et al., 1962), perché a fine anni ’80, questo vitigno era ormai presente solo su superfici modeste (Silvestroni et al., 1986).

Caratteristiche del vitigno

Foglia. Medio-grande, cuneiforme, con seno peziolare da aperto a molto aperto, con base sagomata
a parentesi graffa. Seni laterali superiori tendenzialmente ad U, da medi a poco profondi e con margini leggermente sovrapposti. Pagina superiore liscia o con bollositĂ  appena accennata e nervature di colore verde chiaro. Pagina inferiore praticamente glabra. Denti abbastanza pronunciati, tendenzialmente con un lato concavo e uno convesso.
Grappolo. Conico, allungato, spesso con 3-4 ali, da medio a spargolo. Acino ellissoide largo, con buccia piuttosto pruinosa, di colore blu-nero, che talora tende a scolorire verso il pedicello, e polpa deliquescente.
Caratteri agronomici ed enologici. Vitigno piuttosto vigoroso, che può andare soggetto a colatura, ma con una certa tolleranza verso le principali crittogame e il freddo. Il germogliamento è medio-tardivo (2°-3° decade di aprile), come pure la fioritura (fine maggio primi di giugno; qualche giorno prima di Lambrusco oliva), invaia nella prima decade di agosto e matura tra fine settembre e inizio ottobre. L’acino ha il pennello corto e si distacca molto facilmente a maturazione: per questa sua caratteristica sarebbe molto adatto per la raccolta meccanica.
Il vino che se ne ottiene è di colore rosso rubino non particolarmente intenso, con riflessi violetti tenui. Il profilo olfattivo offre delicate note fiorali di viola, di ciliegia, bacche rosse e prugna essiccata, nonché di spezie (chiodi di garofano e pepe). In genere non è particolarmente strutturato, né molto acido e né particolarmente astringente1.

Nel Giornale Vinicolo Italiano, n. 26, 1925, si definisce Brugnola un sinonimo di questo vitigno. Prosegue “Si coltiva specialmente nel piano alto, è molto produttivo e resistente alle malattie. Il vino riesce mezzanamente alcoolico e di discreto colore. Se ne conoscono due sottovarietĂ 2: una a graspo rosso, l’altra a graspo giallo , quest’ultima è piĂą diffusa.

Lambruscone ottimo, porta moltissim’acqua, dĂ  vino buonissimo; il suo grano è rotondo, piccolo, nero, e chiaro: è uva forte, ed ha buon sapore a gustarlo, pieno ma non delicato tanto: è durabile quanto esser possa altro vino. Vi sono uve selvatiche che fanno buon vino al pari delle Lambrusche, de’ Lambrusconi, e Sangiovesi3.

  1. Descrizione tratta da “Le VarietĂ  Antiche di Vite” ↩︎
  2. Oggi diremmo cultivar – Mick ↩︎
  3. Maini, Luigi – L’Indicatore Modenese n. 11 “Catalogo alfabetico di quasi tutte le uve o viti conosciute e coltivate nelle provincie di Modena e Reggio secondo i loro nomi volgari con altre osservazioni relative” – 1851 ↩︎
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