Uva Spergola

Vitigno con elevata variabilità intra-varietale (Barbieri et al., 2010), che potrebbe spiegare gli errori di attribuzione del passato. Infatti all’istituzione del Registro Nazionale delle Varietà di Vite (Art. 11, DPR 24-12-1969 n. 1164), Spergolina compariva solo come sinonimo di Sauvignon, insieme a Champagne, Pellegrina e Piccabon. Stante così le cose, risultò del tutto lineare indicare, come base ampelografca per la realizzazione del vino DOC «Colli di Scandiano e Canossa Bianco»: 85% Sauvignon, localmente detto «Spergola» o «Spergolina» (GU n. 134 del 21/05/1976). Quando, però, a metà degli anni ’90, si iniziò a rinnovare i vecchi vigneti di Spergola utilizzando barbatelle di Sauvignon, come indicato dal Disciplinare, arrivarono i primi dubbi, sopiti solo dopo gli studi che chiarirono defnitivamente che Spergola, Sauvignon e Sémillon erano varietà distinte tra di loro (Filippetti et al., 2002). Successivi lavori d’indagine molecolare hanno confermato la sinonimia tra Spergola (tabella profli genetici), Barbesino (Pastore et al., 2020) e Vernaccia di Oristano oltre che la vicinanza genetica con Nebbiolo (sarebbe una “sorellastra”) e la relazione “genitore/fglio” con due varietà minori di Piemonte e Liguria, Citronino e Rapallino rispettivamente, corroborando l’ipotesi che la zona di coltivazione originaria di Spergola sia nell’Appennino settentrionale, da cui poi sarebbe arrivata in Sardegna (Raimondi et al., 2020).

Sinonimi accertati: Barbesino, Vernaccia di Oristano B. Sinonimie errate: Sauvignon, Pellegrina, Spergolina verde (= Se millon) Denominazioni dialettali locali: Rischio di erosione: medio

La Spergola è oggi il vitigno più tipico dello Scandianese, areale noto fn dall’antichità per il suo vino bianco, anche se non è possibile documentare che venisse prodotto proprio con questa varietà. Il Censimento dell’Agricoltura del 2010 rilevava, in Emilia-Romagna, 109,06 ettari di Spergola, aumentati a 185,43 a fne 2021 per un rinnovato interesse nei confronti della varietà, eccellente per vini frizzanti e spumanti.
La fama dei vini di Scandiano è documentata sin dal 1580, quando Bianca Cappello, granduchessa di Toscana e moglie di Francesco I dei Medici, durante una sosta in Garfagnana nel corso di un viaggio, viene invitata a bere “di questo buon vino di Scandiano” (Gherpelli, 2019). Ci sono poi altre citazioni sui vini bianchi mossi del Modenese e Reggiano, ma occorre aspettare il 1644 per avere indicazioni sui vitigni coltivati in zona dal marchese Vincenzo Tanara, che parla di un’uva “Pomoria ouer Peregrina” che “fa vino brusco, picciolo, e dura assai”. Non è dato sapere se questo vitigno fosse la Spergola, ma così interpretarono Mare-scalchi e Dalmasso (1937), avanzando un’ipotetica sinonimia tra Spargolina e Pellegrina. Nell’Archivio di Stato di Modena, poi, sono stati rivenuti un paio di documenti che sostengono la presenza di un’uva che potrebbe essere la Spergola sin dal XVII secolo (Gherpelli, 2019). Il primo è del 1670 e consiste in una lista di vini locali inviati al cardinale Rinaldo d’Este nelle sue dimore di Roma e Tivoli. Tra questi, fgura un fasco di “Spargoletta”, ed è questa, probabilmente, la prima citazione storicamente accertata del vitigno. Al 1693 risale, invece, il manoscritto “Nota delle uve venute alla cantina per servizio di Sua Altezza Serenissima”, relativo al periodo del Ducato estense, in cui di nuovo compare l’uva “Spargola”. Per la prima descrizione “tecnica”, però, occorre aspettare le annotazioni di Niccolò Caula al baccanale dell’abate Giovanni Battista Vicini (Vicini, 1752; Montanari e Malavasi Pignatti Morano, 2018), che alcuni attribuiscono a Francesco Pincetti (Valvasense, 1753). A queste note si rifà anche il Maini (1851): “Spargoletta… uva buonissima… al gusto saporitissima… fa vino più delicato della Vernaccia, e della Bortolotta, ma non così gagliardo. Resiste all’acqua assai, ed ha grappolo picciolo, e i grani rotondi, gialli, e alquanto trasparenti e più lucidi della Vernaccia”. Interessante un manoscritto di Filippo Re (Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia), in cui si legge di una Spergolina, che è “un’uva stupenda, ma che ha moltissimi nomi”, dimostrando l’enorme confusione sulla denominazione dei vitigni bianchi delle colline di Scandiano. Conferma la bontà dell’uva spergolina Claudio Dalla Fossa (1811), indicandola come una delle varietà da preferire sulle colline reggiane (Gherpelli, 2019). Seguono le citazioni di Rovasenda (Spargoletta bianca, coltivata a Sassuolo di Modena, 1877), Gallesio (Spargolina a Nonantola; Spargolina molle a Sassuolo e Spargolina comune a Casalgrande, 1839; in Baldini, 1995), Bertozzi (Spargolèina, 1840) e del Ministero dell’agricoltura (Sporgoletta, 1896). Sempre in merito all’areale reggiano, la Spergolina è citata da Fascetti (1913) e da Franceschini e Premuda (1922), mentre Cavazza (1923) elenca una Spargoletta tra le varietà a bacca bianca coltivate in Emilia-Romagna. Interessante l’elenco del Toni (1927) delle uve bianche di collina che danno i rinomati vini di Scandiano, tra cui Spargolina. A seguito dei lavori per la realizzazione delle schede ampelografche dei vitigni italiani, nel 1961, Cosmo e Polsinelli adottarono per la prima volta la denominazione Spergolina come sinonimo di Sauvignon e misero in evidenza la presenza nella zona di Scandiano di una varietà denominata “Spergolina verde”, che “nulla ha a che fare con la Spergolina” e che essi identifcarono nel Sémillon. Per certi versi insinuarono il sospetto che la Spergola reggiana fosse diversa dal Sauvignon, ma nel contempo aumentarono la confusione adducendo una possibile sinonimia con Sémillon. Alcuni anni dopo (1963), Bevilacqua presenta una relazione all’Accademia Nazionale di Agricoltura, dichiarando che i vitigni bianchi più rappresentativi del reggiano sono Spergola, Scarsa foglia e Malvasia. Interessantissimo il quadro della vitivinicoltura reggiana tratteggiato da Grego nel 1968, che localizza la coltivazione della Spergola nell’“area dei comuni di Scandiano e Casalgrande, comprendente una zona estendentesi fra le località Fellegara, Arceto e Scandiano ad occidente e quella di Casalgrande ad oriente, per complessivi 185 ha”. In questi anni si corrobora la confusione con Sauvignon e Pellegrina, che trova la sua composizione solo nel nuovo millennio (Filippetti et al., 2002; Fontana et al., 2014, Pastore et al., 2020; Raimondi et al., 2020).

Caratteristiche del vitigno
Foglia. Cuneiforme, talora cuneiforme/orbicolare (d’acchito sembrerebbe rotondeggiante), in genere pentalobata, ma con seni laterali inferiori appena accennati, talora anche trilobata. Pig-mentazione antocianica sulle nervature assente, come pure la depressione del lembo. Il profilo del lembo è contorto, ma forma una leggera V nei pressi della nervatura principale. Bollosità media. Denti convessi. Seno peziolare poco aperto (talora aperto, raramente chiuso), senza denti, tendenzialmente a V, guarnito. Seni laterali superiori mediamente profondi, con lobi leg-germente sovrapposti e base a lira, talora con 1 dente (1 su 10 foglie). Densità dei peli coricati tra le nervature da media a medio-elevata, mentre quella dei peli eretti sulle nervature è bassa o medio-bassa. Picciolo tendenzialmente verde, con rari peli eretti e coricati. Grappolo. Medio-piccolo (200-250 g), medio-corto, piramidale, spesso alato, da mediamente compatto a compatto, con peduncolo corto, mediamente lignificato. L’acino è sferoidale, medio-piccolo, con buccia verde-gialla, mediamente pruinosa.Caratteri agronomici ed enologici. Il germogliamento inizia a fine marzo-inizio aprile, fioritura tra fine maggio e inizio giugno e invaia tra fine luglio e i primi di agosto. La maturità tecnologica si perfeziona nella seconda metà di settembre. Vi-tigno di buona vigoria e produttività, non molto fertile nelle gemme basali, ma si adatta bene anche alla potatura corta. Offre le migliori prestazioni in termini qualitativi se coltivata nei terreni bianchi di collina, ben esposti, non umidi, magri. Preferisce un clima asciutto e tollera abbastanza le brinate primaverili. Non presenta particolari sensibilità alle principali patologie della vite ed è meno sensibile di Sauvignon alla botrite. Si presta per la produzione di vini bianchi sia fermi e che frizzanti e spumanti.

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