“L’indicatore Modenese” n. 10, Maini, Settembre 1851
Bigarella (bianca), è trista, vuol poc’acqua,e fa vino insipido, e debole, che di leggieri si guasta. Il grappolo è mezzanamente grande, e le grana sono rotonde, non troppo spesse, e grosse ordinariamente. Il colore è un giallo alquanto bello, e lucido.
Vedi anche Bigarelletta nera.
Atti della Società dei naturalisti e matematici di Modena, 1866
Che se fra i nostri vitigni ve ne sono di quelli che danno un mosto scadente, quale la Bigarletta, la Posticcia, la Pellegrina ecc., ve ne sono di quelli i quali danno un ottimo prodotto. Che molte uve nostrane le quali sono pressocchè abbandonate hanno mosti ricchi di tutti gli elementi richiesti per dare vini ottimi, e che perciò meritano di essere coltivate e sperimentati i prodotti. Quali p. es. una varietà di Amaraguscia, la Farinella, il Caicadello, ed altre, le quali tutte hanno un ottimo mosto. Che tutti i mosti, che ho potuto analizzare ricavati da uve francesi, qui importate, sono per qualità inferiori e spesso molto inferiori ai mosti delle nostre migliori uve. Essi difettano specialmente nel glucosio e sono più ricchi di materiali azotati. Che il glucosio in essi non ho mai trovato superiore al 18 per cento, mentre i nostri lambruschi hanno il 21 e 22 per cento. Che, qui nel comune, i mosti di stesse uve raccolte da viti coltivate nello stesso sito, a vigna e maritate ad albero, quelli delle uve prodotte dalle viti maritate ad albero sono migliori di quelli ottenuti dalle viti a vigna. Che in generale in pianura, i mosti ricavati dalle uve di viti maritate ad alberi sono più completi di quelli ottenuti dalle uve di viti coltivate a vigna.