Uva da vino a bacca nera, coltivata a vigna nell’Orto del Comizio Agrario di Modena a fine Ottocento. Mediocre di produttività ma discretamente apprezzata dai locali. Il suo mosto è di color rosso sbiadito, dall’aroma dolce e profumato. Non adatto alla vite maritata1.
Grappolo di lunghezza media, sottile, con picciuolo grosso, ma non molto resistente, eccetto che all’estremità inferiore nella quale spesso è quasi ligneo. I graspetti sono piccolissimi e quasi nulli, trovandosi spesso molti grani inseriti nel picciuolo mastro. Acino sferico, ordinariamente rado, di giusta grossezza. Buccia esile, di colore violaceo-granato-chiaro, sempre coperta di polvere cerea. Sugo piuttosto abbondante, vischioso, molto zuccheroso e di un ben profumato aroma, comune ai moscati, siano bianchi o neri. Segna d’ordinario 11 gradi al glucometro.
Uva d’insigne merito pei così detti vini da dessert, che siano abboccati, dolci, aromatici, ed è base al rinomato aleatico di Firenze. Coltivata in vigna nelle colline modenesi non si mostra di minor valore, conservando sempre nello stesso grado il suo squisito aromatico profumo: se non che, di buccia tenue e primaticcia, è soggetta a molto consumo per le vespe, i calabroni, e gli uccelli. Teme pure assai la critogama, come tutte le uve gentili ed aromatiche.
Il vino schietto, o dove essa predomina, ne’ primi anni abbiosogna di discreto accesso all’aria atmosferica, sotto pena di cernere, o come dicesi comunemente di filare: ma, coll’invecchiare oltre il decennio, e specialmente se la materia colorante, per cause non ancora ben definite e precisate, venga fissata a guisa di velo alle pareti della bottiglia, lasciando il liquido o incolore, o rossigno, o color di paglia sbiadato, allora ritrovasi un vino di un dolce delicato, profumato gentile, inarrivabile, affatto naturale, che supera, alle papille di un fino gustatore, tutta sorta di vini aiutati dall’arte con solforazioni, ingessamenti, aggiunte d’alcool, zucchero, ecc. ecc.
Il processo di fabbricazione adatto al nostro paese per riuscire a questi risultati, fu da me descritto ma non ancora pubblicato. Bisogna peraltro cominciare dal modo di coltivazione della vite, fino al momento di versare il vino nel bicchiere.
La vite ama terreno ferruginoso, calcare, asciutto, in dolce pendio ed esposto a levante-mezzodì. In terreno smosso a grande profondità mette vigorosi tralci, con foglie lucenti, nodi distanti, occhi molto pronunciati, rami con corteccia color nocciola-chiaro2.