Uva Bermesta

Uva a bacca rossa da vino e da tavola, coltivata a Portile e San Martino, nel modenese. Veniva coltivata ad albero. Dava mosto rosso sbiadito, dolce agretto di sapore. Poco coltivata1.

Bermesta, ossia Bermestone, ha il grappolo simile alla Salvaresca: ha le grana men grosse, ma dure di scorza e di polpa; ha pochi acini; non vien mai nera a perfezione, e matura sul fine dell’Autunno, e conserva un po’ di brusco; ed è uva d’appendere per l’inverno, e da porsi in vino bianco dolce, ma non da far vino2.

Il Bermestone è un vitigno ad uva da mensa o a duplice attitudine oggi molto raro, ma più diffusamente coltivato nei secoli scorsi nei territori di Reggio Emilia e di Modena. La descrizione più antica della “Bermesta ossia Bermestone” è quella che Piergiovanni Paltrinieri fa nella seconda metà del 1700 in un manoscritto inedito, che Maini inserisce poi  nel Catalogo alfabetico delle uve e viti conosciute e coltivate  nelle province di Modena e Reggio (1851). Del Bermestone Paltrinieri descrive la durezza di buccia e polpa dell’acino,  la maturazione tardiva “sul finire dell’autunno”, la difficoltà a raggiungere una piena colorazione e l’uso di appendere i grappoli per l’inverno o di porla in vino bianco dolce, nonché la non idoneità per la vinificazione. Acerbi (1825) riporta la descrizione del Bermestone rosso e del Bermestone nero, tra le viti della provincia di Cremona. Gallesio, durante i suoi viaggi in Italia, il 22 settembre 1839 si ferma a Casalgrande (RE) e, elencando le varietà di vite che vi vede coltivate, cita il Bermestone, definendolo “una specie di uva Triglia ma ad acini più picciuoli”.  Nell’elenco manoscritto delle viti della Provincia di Reggio Emilia (Bertozzi, 1840) il Bermestone è inserito, con il numero 108, tra le “Altre viti di uva di colore coltivate comunemente nei campi”.  Francesco Aggazzotti (1867) riporta una descrizione piuttosto dettagliata di grappolo e acino del Bermestone rosso (sinonimi: Brumeste, Bermestia rossa) coltivato nel Modenese, che corrisponde pienamente a quella dell’accessione qui considerata: grappolo “dei più voluminosi che si conoscano nella provincia modenese, specialmente in lunghezza”; “acino ovale”; “buccia rosso-violaceo, dura, coriacea; sugo scarso, mucillaginoso, bruschetto, insipido, inodoro”; “polpa molto dura, che quasi si può affettare come un frutto”.  Aggazzotti la definisce “uva unicamente mangereccia”. Il nome dialettale con cui era conosciuta nel Reggiano era ” òva  Bermestòun”,  come riferito da Casali (1915), che indica, oltre al nome italiano “Uva Bermestone rosso” anche il sinonimo “Brumesta”3.

  1. E. Ramazzini – Uve principali della pianura modenese, 1887 ↩︎
  2. P. Paltrinieri – annotazioni al Ditirambo di Pincetti, 1754 ↩︎
  3. Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Italian Vitis Database ↩︎
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